La nobile arte del bluff by Colson Whitehead

La nobile arte del bluff by Colson Whitehead

autore:Colson Whitehead [Whitehead, Colson]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788858423295
editore: Einaudi
pubblicato: 2016-05-13T04:00:00+00:00


Carte premio e massaggi plantari rigeneranti. Altro che segatura sul pavimento, non eravamo al Binion’s Horseshoe, la sede delle prime World Series. In centro a Las Vegas, 1970, prima dei diritti televisivi, delle mercanzie con marchio di fabbrica, dei denti sbiancati. Solo una quarantina d’anni fa, ma, tanto per cominciare, immaginiamocelo color seppia. C’erano sette concorrenti a mani nude, amici del proprietario del casinò, Benny Binion, e nessun premio ufficiale in denaro. I giocatori votarono il vincitore, Johnny Moss, che ricevette una coppa d’argento cesellato. Adesso i concorrenti erano 6856: il dieci per cento di punta si sarebbe aggiudicato un premio, mentre il campione avrebbe pagato le tasse su una vincita di 8 715 638 dollari.

Al Alvarez immortalò i primi tempi dello spettacolo in The Biggest Game in Town. Quel libro e quello di James McManus, Positively Fifth Street. Murderers, Cheetahs, and Binion’s World Series of Poker sono vividi e temerari racconti del Main Event prima che la fiaba edificante di Chris Moneymaker distruggesse il vecchio paradigma. Alvarez – poeta, editor e saggista – andò alle celebrazioni del 1981, che si erano estese a una platea di settantatré guerrieri. Regnavano ancora i cowboy, che venivano alla carica dalle distese erbose immersi in una romantica favola di personalità colorite, talento selvaggio, convergenze che accadono una sola volta nella vita.

«Da romanzo, – scrive Alvarez, – perché è cosí che i giocatori professionisti si vedevano: come gli ultimi pistoleri, pronti alla resa dei conti con qualsiasi sconosciuto osasse sfidarli». Pam pam.

Chiamatemi dandy, certo, ma i fuorilegge di Alvarez con tanto di «Stetson, camicie ricamate e cravattini di cuoio» non prendevano alla leggera il reparto abbigliamento. Il fascino chiassoso e turbolento di Yosemite Sam è nel Dna del gioco, il cui gergo abbonda di espressioni legate agli scontri a fuoco. Le chips sono «munizioni», bullets una coppia d’assi. Uno shootout è un torneo dove vai avanti solo quando tutti gli altri al tavolo sono stati sterminati e in un bounty ottieni dei bonus se abbatti certi giocatori. Una lustrata ai sovrapantaloni e in sella, ragazzi e ragazze.

Alvarez era inglese, uno straniero come me, e attaccò bottone con leggende del poker come Johnny Moss e Doyle Brunson, nonché con giocatori superstar sotto pseudonimo il cui folle atteggiamento verso il denaro era una nauseante prova della mentalità del giocatore d’azzardo. Capitolo dopo capitolo, percorriamo la passerella verso lo Showboat delle origini: «Era come se i vecchi bari da battello, mai esorcizzati completamente, fossero tornati… reincarnati in nodosi e implacabili bravi ragazzi di un tempo che sapevano usare il proprio fascino ma non disdegnavano di fregare un babbeo».

Nel 1981 era ancora tutto in mano alla famiglia Binion. Una chiusa confraternita di caparbi professionisti piú i polli benestanti sufficientemente sciocchi da invischiarsi con loro. Prima delle telecamere Tv e dei memoir, The Biggest Game in Town era quanto di piú vicino alla scena fosse disponibile alla maggior parte dei patiti del poker. Fortunati loro: il ritratto di Alvarez era caloroso e pungente, l’entusiasmo di un buon amico che ti tiene un posto in prima fila fra il pubblico.



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